Dai monti al mare
Messina è forse una delle poche città
d’Italia dov’è possibile, in breve tempo, raggiungere la
costa marina partendo dai rilievi montuosi. Un suggestivo itinerario
è quello che ha inizio, dopo aver percorso la via Palermo alta
immettendosi nella contrada Scala e risalendo il torrente omonimo, dalla
superba Chiesa di Santa Maria della Scala nella Valle detta la “Badiazza”.
Edificata probabilmente nel sec. XII sotto il regno di Guglielmo II
“il Buono”, deve il suo assetto architettonico attuale agli
interventi operati nel sec. XIII, in epoca sveva, e nel sec. XIV, in epoca
aragonese, quando le absidi furono ricoperte da mosaici. Più
comunemente nota come “Badiazza”, che con ogni
probabilità deriva letteralmente da “vecchia Badia”,
evidente allusione allo stato di abbandono in cui ha versato da oltre
quattro secoli quando cadde lentamente in rovina dopo che, nel 1549, i
rigori del Concilio di Trento costrinsero le monache benedettine a non
recarvisi più nemmeno in villeggiatura ed a rimanere,perciò,
nella stretta clausura in città, il complesso religioso di Santa
Maria della Scala nella Valle può considerarsi uno tra i più
importanti fondati a Messina. Ciò è, peraltro, dimostrato dai
notevoli privilegi e dalle ricche elargizioni da quasi tutti i sovrani
avvicendatisi in Sicilia, fino a Federico II d’Aragona. Nel 1167
cambiò denominazione, da Santa Maria della Valle in Santa Maria
della Scala a causa di un evento miracoloso legato ad un’immagine
sacra che raffigurava la Madonna con una scala in mano, immagine
trasportata a Messina da una nave, che, messa su di un carro tirato da buoi
senza guida, venne portata lungo il letto dell’attuale torrente
Giostra (oggi coperto), fino all’eremo di Santa Maria della Valle.
Con diploma dato in Messina il 9 agosto 1200, Federico II di Svevia
elevò la chiesa al rango di “Cappella Reale” e durante
la sollevazione dei Vespri, nel 1282, la chiesa venne assalita,
saccheggiata ed incendiata dalle soldatesche di Carlo d’Angiò.
Sotto il regno di Federico II d’Aragona (1245-1337) il tempio risorse
a nuova vita grazie ad interventi di restauro, ma, dopo la peste del 1347 e
fino alla metà del secolo XVI, venne progressivamente e
definitivamente abbandonato dalle religiose, trasferitisi alla clausura in
città. Ai danni dell’abbandono s’aggiunsero le rovine
provocate dalle alluvioni del 1840 e, particolarmente, da quella del 1855
che causò l’interramento interno ed esterno della chiesa. Dopo
episodici interventi di restauro nel 1951-55, gli ultimi lavori di recupero
iniziati nel 1982 non hanno visto ancora il loro completamento.
Stilisticamente, nella chiesa si condensano elementi
decorativi arabi e gotici nei capitelli e nei portali. In particolare,
quest’ultimo gusto gotico trecentesco si avverte nei rifacimenti
delle volte a crociera con l’aggiunta di costolonature bicrome
(bianche e nere) e nel portale principale, con gli archivolti ornati del
tipico motivo a zig-zag, introdotto in tempi normanni e poi abbondantemente
diffuso in tutta l’architettura dell’Isola.
Dalla “Badiazza”, risalendo l’antico sentiero
che si inerpica sulle retrostanti alture o rifacendo il percorso a ritroso
verso via Palermo per poi proseguire in salita lungo la strada, si perviene
al quadrivio delle “Quattro Strade” ai Colli Sarrizzo. Da qui
si può imboccare la suggestiva strada di crinale immersa nei boschi
dei Monti Peloritani, superando il Forte Ferraro facente parte del circuito
delle fortificazioni ottocentesche, cosiddette “umbertine”, per
raggiungere il vetusto Santuario di Dinnammare. Punto panoramico d’incomparabile
bellezza, la chiesetta domina i due mari Tirreno e Ionio (da cui
l’antico toponimo di “Santa Maria Bimaris”), nel sito
dove secondo le fonti storiche più antiche sorgeva un tempio
dedicato al dio Nettuno. Il Santuario era già esistente in epoca
medievale, la cui fondazione era legata ad un dipinto su tavola,
raffigurante la Vergine col Bambino, trasportato prodigiosamente per mare,
sulla costa meridionale di Messina, a dorso di due delfini. L’aspetto
attuale, in muratura di mattoni pieni, è il risultato di un radicale
intervento di rifacimento effettuato nel 1899.
Ripercorrendo a ritroso la strada militare di crinale,
è possibile raggiungere la città dal bivio di Portella
Castanea in direzione del Villaggio San Michele, percorrendo il largo viale
Giostra fino alla sua conclusione nell’innesto col viale della
Libertà che, nel tratto a sinistra, conduce verso la riviera nord.
Antica via Consolare Pompea aperta da Pompeo nell’anno 72 a.C., durante la guerra
combattuta contro Marco Perpenna, la strada si snoda adiacente alla linea di costa dello Ionio
toccando, senza soluzione di continuità, i caratteristici villaggi
marinari di Paradiso, Contemplazione, Pace e Sant’Agata. Immerse in
lussureggianti parchi e giardini, emergono con la loro raffinata
architettura eclettica e liberty le ville Florio a Contemplazione
dell’architetto palermitano Ernesto Basile (1909-13); Sanderson, poi
Bosurgi (sec. XIX-XX), a Pace; Martines (prima metà del Novecento),
Garnier col cancello originale con gli stipiti in pietra (1904), Basile
dell’architetto Francesco Valenti (1929), Flachi (1929-30) e delle
Erme (1852) a Sant’Agata; Roberto (inizi sec. XX) a Sperone.
A caratterizzare visivamente il piccolo promontorio del
Villaggio Pace è la Chiesa di Santa Maria delle Grazie o della
Grotta, di impianto centrico circolare sul modello del tempietto di San
Pietro in Montorio a Roma di Donato Bramante. Edificata nel 1622-1639 su
progetto dell’architetto messinese Simone Gullì, autore della
prima Palazzata (1622) sulla curvità portuale cittadina, sorse sugli
avanzi del tempio di età classica dedicato a Diana. Crollata nel
terremoto del 1908, venne ricostruita sullo stesso modello
dell’originaria con porticato colonnato perimetrale ed alta cupola,
nel 1924, su disegno dell’ing. Guido Viola. Custodisce un pregevole
dipinto di Domenico Marolì raffigurante l’”Adorazione
dei pastori” (sec. XVII).
Superata la chiesa, sul lungomare fanno bella mostra di
sé due cannoni della Real Marina Britannica datati, rispettivamente,
1789 e 1791, ritrovati nell’antistante fondale e qui ricollocati.
Galleria
fotografica
HOME
Torna indietro
|