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Il dialetto siciliano
Alcuni modi di dire dialettali
- “Giuru pa’ vista
‘i ll’occhi” (“Giuro per la vista degli
occhi”). Contrariamente
a quanto si potrebbe pensare istintivamente, questo antico giuramento,
in Sicilia, non ha riferimento al bene più prezioso, appunto la
vista, ma trae la sua origine a partire dall’occupazione dei
Siculi nell’isola, cioè dal 1270 a.C. Era barbaro costume
presso i Siculi, infatti, punire gli spergiuri con
l’estirpazione degli occhi e il ricordo di tale orripilante
mutilazione, per il terrore che evidentemente incuteva, è
rimasto indelebile nella memoria collettiva dei siciliani.
- “Fici cchiù
dannu du cinqu “i fivraru” (“Ha fatto più danno del cinque
febbraio”). Questo modo di dire ormai desueto, tipicamente di
area messinese, si riferisce al ricordo del terribile terremoto del 5
febbraio 1783 che provocò morti e danni alla città. La
constatazione, infatti, vuole enfatizzare la considerevole
entità di qualsiasi danno grave che viene provocato ad uomini e
cose.
- “’Sta
casa pari un funnucu” (“Questa casa sembra un
fondaco”). Il riferimento, per
similitudine, è al grande disordine, sporcizia e
promiscuità che una volta regnavano nei fondaci, luoghi di
sosta per i viaggiatori che spesso pernottavano insieme alle bestie,
dislocati lungo le grandi arterie di transito siciliane.
- “‘a
robba banniata è menza vinnuta” (“La merce
pubblicizzata è mezza venduta”) Detto tipicamente
messinese in uso nella città prima del terremoto del 28
dicembre 1908, enfatizzava il potere di persuasione delle cosiddette
“banniate” che in colorito dialetto venivano urlate dai
bottegai, ente nei mercati.
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