L’Agorà e
dintorni
La piazza
Vittorio Emanuele era il cuore della città
dove si svolgevano assemblee e mercati e dove prospettavano gli edifici
pubblici più importanti.
Qui era
l’Agorà, la piazza principale di Tauriomenion
all’incrocio delle due grandi strade, la Consolare Valeria ( odierno Corso Umberto ) e
cioè il
“cardo“ dei romani e la via oggi denominata Teatro Greco, il “decumano“.
La piazza divenne
Foro romano a partire del 201
a. C..
Di fronte, in
corrispondenza della via Timeo
e di Palazzo Corvaja, sorgeva un Tempio ellenistico del II sec. a. C., probabilmente
dedicato a Dionisio, di cui rimangono parte del basamento (
“stylobàtes” ) e le impronte delle basi delle colonne.
In età romana
imperiale ( II secolo a.C. ), addossato ad esso , venne edificato un
piccolo Odeon o teatrino che
utilizzò come fronte della “ scena “ il lato lungo del
tempio. A pianta semicircolare con struttura in gran parte a mattoni e cinque cunei di gradini, era destinato a recite
di poesie o esibizioni musicali di canti lirici o tragici. Una parte di
esso si trova all’interno dell’antistante, seicentesca Chiesa
di Santa Caterina d’Alessandria.
In
prossimità del Foro ( piazza Vittorio Emanuele ), dal lato
settentrionale, sono stati rinvenuti i resti delle Terme Romane ( I o II sec. d.C. ), monumentale
complesso con “ frigidarium” ( vasca per i bagni freddi ),
“tepidarium” e “calidarium” ( tiepidi e caldi
).
Il
Teatro Greco
Dalla piazza
Vittorio Emanuele percorrendo la via Teatro Greco
in salita, si giunge al Teatro greco-romano risalente al III sec. a. C. e
quasi completamente rifatto alla fine del I sec. d. C., in età
romano-imperiale. In sostanza esso compendia le due maniere costruttive
greca e romana: è greca la maniera di ricavare la cavea scavandola
nella roccia stessa e adattandola alla morfologia del terreno, mentre i
romani costruivano i loro teatri fuori terra; è romana la maniera
di concepire l’imponente e sfarzosa scena, come di costruzione romana sono tutte le strutture. Il
Teatro di Taormina è, dopo quello di Siracusa, il più
grande della Sicilia, di forma semicircolare col diametro di 109 metri. Pare che
esso, nel tardo periodo imperiale, abbia subito trasformazioni per essere
adattato a spettacoli circensi, allora molto popolari, quali i
combattimenti di gladiatori ( “ ludi “ o “ munera
“ ) e le cacce di belve feroci
( “ venatories “ ) che normalmente avevano luogo negli
appositi “ anfiteatri “ ( ad esempio, il Colosseo a Roma ).
Il proscenio, con ai lati della scena i due “
parascenia”,
unico sopravvissuto in Sicilia, fu realizzato con un lungo ed alto
muro movimentato da colonne, nicchie per statue e tre porte, delle quali
quella centrale rappresentava
l’ingresso alla “reggia”, quella a destra dello
spettatore dava l’accesso alla “sala di ricevimento “ e quella a
sinistra immetteva nel tempio o nella prigione.
Anche nel Teatro
di Taormina, come di consueto, l’asse di simmetria corrisponde ad
una veduta lontana, in questo caso la costa ionica e l’Etna, verso
cui si apre l’insieme architettonico. Tale accorgimento è da
riferire all’antica usanza, connessa alla tecnica teatrale, di
porre in stretta relazione la composizione architettonica d’insieme
con il paesaggio.
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