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Miti e leggende dello Stretto di Messina
POSEIDONE
Era considerato
dalla mitologia antica come il padre di molti eroi ed aveva molta parte nella
storia di Eolo e dei suoi figli. Appunto per creare confini naturali al
figlio di Eolo, re dei Siculi, staccò col suo tridente la Sicilia
dal continente, creando lo Stretto.
Per questo Dio era
profondissimo il culto a Messina (Nettuni furono chiamati un tempo i monti
Peloritani) e che esso fosse durato a lungo nella zona dello Stretto,
è testimoniato dai denari di Sesto Pompeo, recanti da una parte il
faro in cui sta Nettuno e dall’altro il mostro Scilla.
Numerosi templi
erano a lui dedicati. Il più antico sorgeva presso Capo Peloro,
innalzato da Orione, un secondo in città (dove sorge la chiesa dei
Catalani ) e un terzo sulla vetta di Dinnammare.
A proposito del
tempio monumentale edificato da Orione, lo storico latino Solino (III sec.
d.C.) riferisce che sorgeva tra il Pantano Grande e quello Piccolo di
Ganzirri. Quando i laghi vennero uniti con un canale scavato dagli inglesi
nel 1810, si rinvennero interessanti antichi reperti e massicce fondazioni
attribuite, appunto, al tempio di Nettuno. Le colonne, addirittura, pare
fossero quelle adoperate per la costruzione della Cattedrale.
A Faro, nella
contrada denominata “Margi”, vi era un terzo lago in mezzo al
quale sorgeva un tempio, dicono le fonti storiche, di “ignoto
Nume” che i pagani veneravano. Secondo la leggenda, le acque che
lambivano l’edificio erano sacre al dio, al punto che non se ne
poteva scandagliare
il fondo senza incorrere nel pericolo di avere paralizzati gli arti che
venivano a contatto con le venerate acque. L’unica via che conduceva
al tempio era una strettissima strada che era stata tracciata dal Nume
stesso, una specie di “via sacra”; i fedeli che la percorrevano
non dovevano allontanarsene – e ciò poteva capitare
perché le acque arrivavano fino alle ginocchia, nascondendone alla vista,
il fondo – altrimenti venivano inghiottiti da un pauroso abisso che
fiancheggiava la via. Con
l’avvento del Cristianesimo, tale culto venne proibito ed in seguito
il tempio fu demolito e interrato il lago, in quanto considerato pericoloso
per le malattie che provocava.
Alcuni avanzi
marmorei furono conservati nella villa del marchese Palermo e andarono
dispersi dopo il terremoto del 1908.
Per restare a
Ganzirri, di fronte al Pantano Piccolo sorgeva l’antica città
di Risa (dal nome della principessa che la governava) che un cataclisma
fece sprofondare nel lago; ancora oggi, fra i vecchi pescatori del luogo,
c‘è chi giura di averne scorto le strade e gli avanzi delle
abitazioni disseminate di colonne. Di notte, poi, quando il silenzio domina
sovrano, è possibile ascoltare un cupo rintocco di campane
proveniente dalle oscure profondità del Pantano: a suonarle è
la bella e inquieta principessa Risa che ancora non trova pace.
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