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Miti e leggende dello Stretto di Messina
LA
FONTE DEL POZZOLEONE
Nella via
Garibaldi, quasi di fronte al teatro Vittorio Emanuele,
esisteva un tempo la famosa fonte del Pozzoleone, così detta in
onore del papa messinese Leone II (pontefice per meno di 1 anno, dal 17
agosto 682 al 3 luglio 683, anno della sua morte) che in quei paraggi aveva
la casa di abitazione. La sorgente, ritenuta tra le più antiche
della città, venne chiusa verso la fine del secolo scorso e la sua
copiosa vena si perse in mare. Alcuni resti marmorei si trovano oggi
conservati al Museo Regionale.
La fontana si trova
citata da Giuseppe Buonfiglio nella sua “Messina Città
Nobilissima” del 1606, “Ma nel dirimpetto della porta della
marina, per dove s’entra verso il Carmine, si vede il copioso
d’acque Pozzo Leone assai dolci & salubri, buttate da quattro
cannoni in quattro teste di Leoni.” , e, ancora, da Cajo Domenico
Gallo nel suo “Apparato agli Annali della Città di Messina”
del 1755: “Viene appresso la Porta Leonina, dedicata a S.Leone Pontefice
Cittadino Messinese, avendosi per antica tradizione, quivi vicine essere
state le sue Case, in cui, poco distante, vi è la perenne fonte del
“Pozzo Leone” abbondantissima d’acque, che sorgono in
questo stesso sito, ed anticamente nella spiaggia, poco distante, ergevasi
una fonte detta “Delle belle Donne”; l’iscrizione, della
quale viene rapportata dal Maurolico che diceva:
Enceladi flammas fugiens per operta viarum,
Hic caput attollo Nympha
perennis aquae.
Cam mea sensissem, venturam ad litra Classem
Protinus exilui Nympha latentis aquae”
L’antichissima
fonte è citata da Omero nell’”Odissea” composta
nel VI sec. a.C., al Libro VI, quando Ulisse parte dall’isola di
Calipso con una zattera da lui costruita e fa naufragio nell’isola
dei Feaci. Qui incontra Nausicaa, la figlia di Alcinoo, che si era recata
con le ancelle alla fonte di acqua perenne per lavare le sue vesti essendo
prossima alle nozze.
“Quando
arrivarono al bellissimo corso del fiume dove erano i lavatoi perenni e
tanta acqua sgorga bella, da lavare anche panni assai sporchi, allora esse
sciolsero dal carro le mule…presero dal carro sulle braccia le vesti
e le portarono nell’acqua scura,…Dopochè le lavarono e
resero linde d’ogni sporcizia, le stesero in fila sulla riva del
mare,…quando le ancelle e lei stessa si furono ristorate di cibo,
gettati via i veli dal capo giocarono a palla…e lei col capo e la
fronte supera tutte, e facilmente si nota, e tutte son belle; così tra
le ancelle spiccava la vergine casta.”.
E’ evidente,
quindi, l’origine del toponimo dato in antico alla fontana,
“Delle belle Donne”.
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