Il dialetto siciliano
LA LINGUA SICILIANA
Della lingua siciliana si ha
notizia fin dal 1230, quando un colto gruppo di funzionari e burocrati
della corte palermitana di Federico II di Svevia, proclamato imperatore nel
1220, si dedicò alla composizione di poesie in volgare. Il volgare
siciliano, in quel periodo, assurse a tanto splendore al punto che Dante
Alighieri, nella sua opera “De Vulgari Eloquentia”,
definì l’intera produzione poetica siciliana col nome di
“Scuola siciliana” e affermò che i
“pionieri” nel settore letterario e poetico in lingua volgare
italiana furono proprio i poeti siciliani facenti parte di questa scuola.
Egli, scrive testualmente: “E poiché la sede regale era in
Sicilia, avvenne che tutto ciò che i nostri predecessori poetarono
in lingua volgare, fu chiamato siciliano: il che anch’io credo,
né i miei successori saran capaci di cambiarlo”. Definisce,
poi, il volgare illustre siciliano “honorabilius atque
honorificentius” in confronto agli altri dialetti italici e senza
dubbio riconosce alla Sicilia un primato linguistico oltre che culturale. Secondo
Santi Correnti, storico siciliano, i poeti che operarono alla corte
palermitana dell’imperatore Federico II di Svevia, nel decennio
1230-1240, hanno avuto il merito di:
essere stati i primi
“trovatori” italiani;
avere forgiato una lingua poetica
che è la prima espressione letteraria italiana;
avere inventato la forma lirica
del “sonetto” (2 quartine e 2 terzine) ad opera di Jacopo (o
Giacomo) da Lentini.
Oltre a Cielo o Ciullo
d’Alcamo, il famoso poeta di “Rosa fresca aulentissima” e
il già citato Jacopo da Lentini, fra i poeti messinesi della
“Scuola siciliana” sono da ricordare, per la perizia tecnica e
le inflessioni popolareggianti delle loro canzoni:
Messer Stefano, protonotaro di
Messina, che in “Per meu cori cori allegrari” adopera un siciliano
illustre;
Tommaso di Taxo o di Sasso;
Oddo delle Colonne;
Matteo di Rico, con le sue
inflessioni dialettali (“Sei anni ò travagliato”),
(“…ben caro ho acatato/lo vostro inamorare,…”);
Guido delle Colonne, giudice
della Corte Stratigoziale di Messina, dove nella canzone “Ancor che
l’aigua per lo foco lassi” usa termini dialettali (…che
lo foco astutassi …).
Qualche tempo dopo,
l’influenza della lingua siciliana ebbe espansione anche nel
nord-Italia, particolarmente in Toscana dove si costituì una
corrente di poeti, i cosiddetti poeti siculo-toscani, che successivamente
avrebbe dato origine alla Scuola del Dolce Stil Novo e alla Lingua
Italiana, affermatasi come lingua del popolo italiano mentre il siciliano,
da cui tutto ebbe origine, fu degradato al rango di semplice dialetto
regionale. In tempi vicini a noi, il dialetto siciliano è tornato
nuovamente in auge grazie a scrittori come Luigi Pirandello, Giovanni
Verga, Luigi Capuana, fino al contemporaneo Andrea Camilleri e alle
avventure poliziesche del suo “Commissario Montalbano
Galleria
Fotografica
HOME
Torna indietro
©2008 Testi e fotografie di Pippo Lombardo e Nino Principato
|